Lo scorso 14 maggio si è svolto il Consiglio di Dipartimento di Scienze Politiche all’interno del quale noi studentə, dottorandə e assegnistə solidali con la Palestina, dando seguito all’Assemblea di Dipartimento e alla Lettera di Dottorandə e Assegnistə di Scienze Politiche, abbiamo richiesto e ottenuto una discussione in sede istituzionale al fine di sollecitare una presa di posizione rispetto al genocidio in corso in Palestina. La discussione è avvenuta in concomitanza con l’aggressione di Rafah
del 6 maggio 2024, ulteriore fase del progetto genocidiario di Israele. In questi 63 chilometri quadrati, ultimo settore di Gaza ad essere considerato “safe-zone”, si trovano 1.5 milioni di palestinesi, che ora non hanno più alcun luogo sicuro dove rifugiarsi. Il 7 maggio le truppe delle Forze di Occupazione Israeliana hanno inoltre chiuso il valico che collega Rafah con l’Egitto, imprigionando definitivamente la popolazione palestinese e facendo precipitare ulteriormente la crisi umanitaria che Israele ha architettato e messo in atto.
Anche a Pisa, in linea con le azioni promosse a livello globale per la liberazione della Palestina, il
movimento studentesco ha deciso di occupare i giardini di Antichistica con un’accampata, per
chiedere all’Ateneo di desistere dalla sua cieca obbedienza alla linea di governo, che sostiene in tutto e per tutto questo progetto genocidiario.
Abbiamo dunque presentato una mozione per richiedere l’immediata interruzione di ogni eventuale accordo in corso e l’impegno del nostro Dipartimento a non stipulare nuovi accordi in ambiti di cooperazione dual use con le Università israeliane o con qualsiasi istituzione accademica che sostenga il regime di apartheid messo in atto dallo Stato di Israele, convintə che ai principi di pace e rifiuto della guerra debbano seguire azioni concrete e coerenti.
Tuttavia, alla nostra mozione è stata contrapposta quella approvata dal Senato Accademico del 14 marzo, ignorando di fatto l’evolvere della crisi ad oggi e rivelandosi una posizione debole nella discussione tra i membri del Consiglio. In seguito ai ripetuti interventi a favore della nostra richiesta, il Direttore ha infine annunciato che avrebbe dato le sue dimissioni in caso di bocciatura della mozione del Senato da lui stesso presentata, influenzando inevitabilmente la successiva votazione.
Quanto avvenuto è l’espressione eloquente di una linea istituzionale che formalmente consente spazi di libera espressione del dissenso ma nella sostanza blinda l’esito delle discussioni: a riprova di ciò, lo stesso Direttore ha affermato pubblicamente di aver ricevuto pressioni dall’alto e, nonostante l’esercizio di pantomima democratica, la nostra mozione ha reso evidente una spaccatura, ottenendo
più voti favorevoli che contrari. Sebbene la mozione non sia stata approvata per via dell’alto numero di astensioni, in parte riconducibili al clima creato intorno alla votazione, il consenso raccolto ci dice che, seppure l’università voglia presentarsi come monolitica, la nostra posizione di rifiuto della guerra è condivisa anche da una parte del corpo docente e del personale amministrativo.
L’opposizione al boicottaggio è motivata dalla cosiddetta neutralità accademica: ci dicono che
l’università deve essere un “ponte”. La nostra risposta è che di fronte ad un genocidio non può esserci neutralità! Aggirare il punto politico con piroette retoriche o restare indifferenti sono entrambi modi di essere complici di questo genocidio.
Insieme al movimento di Studentx per la Palestina, come studentə, dottorandə e assegnistə di Scienze Politiche continueremo ad opporci alla complicità con il genocidio del popolo palestinese dimostrata dal Dipartimento, dall’Ateneo e dall’Accademia di cui siamo parte e continueremo a lottare fino a quando questo non sarà cessato.
Firmato: Scienze Politiche per la Palestina
