Se il manganello entra in università


Alla luce dei recenti gravissimi fatti di Bologna, come assemblea dell’Aula R ci sentiamo chiamati a esprimere la nostra posizione sull’intera questione, cercando di mettere da parte il dibattito sterile che mediaticamente ha sempre grande risonanza ma che mai riesce a far riflettere sulle cause che portano a determinate dinamiche e a quali possano essere le conseguenze.
Lo sgombero eseguito con violenza dalla polizia a Bologna in università e la conseguente mobilitazione tuttora in corso accendono un faro su una questione da noi spesso analizzata e su cui non abbiamo esitato ad esprimere preoccupazioni: il mutamento dell’Università pubblica da luogo in cui ancora si mantenevano margini di agibilità, in termini di accesso allo studio, di aggregazione e di iniziativa, residuo di quanto conquistato negli scorsi decenni con dure lotte, a mero corridoio di collegamento tra la scuola e il lavoro, irreggimentato, controllato e militarizzato, incardinato sulla collaborazione tra gli atenei e le aziende interessate alla creazione di un’Università privatizzata. Con il rifiuto totale delle istituzioni accademiche di dialogare con gli studenti e di tollerare alcuna esperienza alternativa all’interno e all’esterno degli spazi universitari, le questure e i loro manganelli diventano l’unico interlocutore dei rettori.

Nel 2015 a Pisa abbiamo vissuto un simile momento di repressione in seguito all’occupazione dell’ex-Gea portata avanti dal movimento Studenti contro il nuovo ISEE; la questura è intervenuta a sgomberare lo stabile, adibito a magazzino dei libri della casa editrice universitaria, con pistole alla mano. L’intervento della polizia venne richiesto dal rettore Augello con il pretesto del rischio di furto dei libri presenti nel magazzino, quaranta studenti rimasero a lungo sequestrati nella struttura dalla polizia.Un modo per intimidire e criminalizzare le studentesse e gli studenti attivi all’interno della protesta. Da Bologna a Pisa, così come nel resto d’Italia, si sta assistendo ad un preoccupante processo che vede l’intervento poliziesco come principale strumento di risoluzione dei conflitti, trattando così quelle che sono rivendicazioni di natura politica come questioni di ordine pubblico

Dopo lo sgombero dell’Ex-Gea seguì una mobilitazione che incontrò una notevole partecipazione spontanea. I media descrivono la situazione bolognese di oggi come divisa tra chi sostiene l’intervento repressivo della polizia e chi invece condanna l’irruzione poliziesca nei locali della biblioteca universitaria. Anzi leggendo le pagine dei giornali sembra che un consistente numero di studentesse e studenti si stia schierando dalla parte delle istituzioni e del manganello nel nome della libertà di studiare e della sicurezza. Ci troviamo però davanti a uno dei più vecchi strumenti della propaganda ufficiale, quello della “maggioranza silenziosa”, declinato ovviamente al tempo dei social network in commenti e petizioni online, in cui il bombardamento mediatico occulta le voci di coloro che dissentono e dà spazio solo a chi accetta le nuove pratiche di controllo sociale. Così mentre continuano le mobilitazioni e le assemblee studentesche si fanno più numerose, la stampa ufficiale cerca di creare consenso presentando tornelli e badge come sinonimo di sicurezza. In effetti per qualcuno possono rappresentare una sicurezza, ma restano di fatto strumenti per il mantenimento dell’ordine e dell’inviolabilità della proprietà. In questo modo viene anche criminalizzata la componente studentesca quale unico fattore di disordine, mentre i docenti vengono considerati su un altro piano, sottolineando l’autoritarismo di tale manovra

Un mezzo di controllo elettronico riservato ai soli immatricolati proibirebbe l’accesso alla biblioteca anche ai cittadini, chiarificando la reale volontà di privatizzazione della cultura. Bologna si dimostra ancora una volta un laboratorio di pratiche di repressione e criminalizzazione rispetto a quelle componenti studentesche organizzate che si oppongono all’aziendalizzazione dell’Università.D’altronde i tempi sono cambiati e i dispositivi di controllo sono sempre più capillari: telecamere, badge, tornelli e, non ultimo, la capacità di indirizzare il consenso verso l’accettazione di tali pratiche. Grazie ad un lavoro costante di dominazione dell’opinione, gli stessi schemi cognitivi dei dominanti sono stati assimilati dai dominati, che si riconoscono nelle pratiche e nelle motivazioni del sistema, legittimandolo. Così alcune studentesse e alcuni studenti sono sensibili a temi quali la difesa della sicurezza e della legalità, condannando chi in qualche modo tenta di rompere questa campana di vetro in cui siamo ingabbiati. Se l’attuale sistema è riuscito a deviare il malcontento sociale verso chi vi si oppone, a noi spetta il compito di unire quella rabbia, di farla diventare consapevolezza e lotta contro l’Università-azienda, la mercificazione della cultura e degli spazi, la messa a profitto delle nostre vite.

La crisi ha acuito lo scontro sociale e ha annichilito il movimento studentesco. Mai come adesso dovremmo, come studentesse e studenti, e soprattutto come militanti, unirci e lottare per riprenderci quello che ci spetta, abbattere il sistema autoritario e repressivo che ha lasciato sempre più spazio alle destre e alle politiche neoliberiste del governo che cercano di frammentare il dissenso fino a farlo scomparire.
Oggi come domani collettivamente lotteremo affinché i fatti successi a Bologna non si ripetano mai più.

Non permetteremo loro di toglierci tutto.

Anzi, non gli permetteremo di toglierci proprio niente.

Solidali e complici con le compagne e i compagni bolognesi

Assemblea dell’Aula R

“Scienze politiche: bagni e occupazioni”. In risposta all’articolo de La Nazione

Dopo l’articolo uscito su “La Nazione” di oggi primo febbraio 2017, intitolato “In facoltà solo un bagno per gli studenti, tutti gli altri «riservati al personale»”, riteniamo necessario, essendo stati pretestuosamente chiamati in causa, dire la nostra.

Su “La Nazione” si afferma che, dopo delle proteste sullo stato dei bagni per gli studenti a Scienze Politiche, il quotidiano locale ha deciso di indagare sul campo, avventurandosi nel palazzo di Via Serafini. È positivo che questa testata si interessi dei problemi degli studenti, che quotidianamente subiscono gli effetti del processo di privatizzazione e aziendalizzazione dell’Università, così come è positivo che qualche singolo studente intraprenda delle iniziative di protesta.

Ci teniamo però innanzitutto a precisare che l’Aula R, aula occupata nel 1990 dal movimento studentesco della Pantera, non ha niente a che vedere con la gestione dei locali decisa dalla dirigenza del Dipartimento. Appare quindi fuorviante e pretestuoso l’accostamento tra i “disservizi…igenici” e un’aula autogestita, sempre aperta dove è possibile per studentesse e studenti confrontarsi, studiare, svagarsi e appunto organizzarsi collettivamente per lottare per l’accessibilità al diritto allo studio e per il libero utilizzo degli spazi universitari. Facciamo inoltre notare che non esiste alcun “comitato studentesco Aula R” ma un’assemblea, aperta a tutte e tutti coloro che si riconoscono nei suoi metodi, che si ritrova ogni lunedì alle 16 proprio in Aula R. Dal momento che l’occupazione dell’Aula R ha il carattere politico sopra descritto, paragonarla alla “occupazione” dei bagni da parte del “personale dell’università” non ha alcun senso, a maggior ragione se consideriamo che non sono purtroppo i lavoratori stessi a decidere dell’utilizzo dei locali del proprio luogo di lavoro.

Detto questo lo stato in cui versano i bagni di Via Serafini, così come le mense universitarie, gli alloggi, e gli altri servizi per le studentesse e gli studenti è ben visibile a tutti. Questo non perché vi sia un semplice disservizio, la responsabilità non è di chi lavora in portineria, degli studenti, del personale strutturato o esternalizzato del Dipartimento, né dei fantomatici soggetti esterni all’università. L’Università è (almeno per ora e per fortuna) aperta al pubblico, per questo non vi sono controlli all’ingresso come segnalato con sgomento da “La Nazione”. All’origine del problema della mancanza di pulizia e manutenzione nei bagni, così come dei problemi relativi ad altri più significativi servizi (borsa servizi del DSU ad esempio), ci sono i tagli ed il processo di privatizzazione dell’università. Non è dunque con la chiusura degli spazi o con le crociate individuali contro il degrado che possiamo migliorare le condizioni di studio e di lavoro all’interno dell’Università ma con il confronto, l’organizzazione e l’iniziativa collettiva.

Assemblea dell’Aula R

Presentazione dell’Assemblea dell’Aula R

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L’Aula R è uno spazio all’interno del Dipartimento di Scienze Politiche occupato nel 1990 durante il movimento della Pantera con la volontà di rendere disponibile un luogo di socialità, aggregazione e confronto che andasse oltre i confini della didattica. Tutt’oggi questo spazio è autogestito dagli studenti e dalle studentesse che ne fanno un luogo libero da ogni logica di dominio e sfruttamento e dove le relazioni sociali si fondano sul rifiuto di ogni fascismo, razzismo, sessismo e in un’ottica anticapitalista.

L’Aula R, facendo della partecipazione diretta e dell’orizzontalità un valore fondamentale, rifiuta la rappresentanza e il sistema delegativo su cui si basa. Allo stesso tempo, per lavorare in completa autonomia, abbiamo scelto di non fare riferimento a strutture nazionali istituzionali o di movimento e di rifiutare finanziamenti pubblici. L’autogestione e l’autofinanziamento sono per noi fondamentali e per questo non riceviamo nè in modo diretto nè indiretto alcun contributo dall’Università.

È per noi importante che questo spazio sia aperto a tutti/e e le attività che vi si svolgono all’interno, dal momento più politico dell’assemblea a quelli più aggregativi e conviviali come aperitivi, feste o concerti, sono connotate dalla volontà di non essere autoreferenziali ma piuttosto stimolare la più ampia partecipazione e sviluppare un confronto critico. L’Aula R è anche un luogo dove poter studiare, confrontarsi, consultare, prendere e lasciare libri di testo e dispense (e in molti casi trovare un supporto pratico ed emotivo durante la preparazione degli esami). D’altronde anche questo è un modo per combattere insieme la crisi!

L’assemblea dell’Aula R si riunisce ogni lunedì alle 16: tutti/e possono prendere parte alle discussioni e le decisioni vengono prese in modo orizzontale e consensuale.

L’Aula R si trova in Via Serafini 3 presso il Dipartimento di Scienze Politiche. Per ogni informazione o proposta potete seguirci sulla pagina FB “Aula R Pisa” o contattarci all’indirizzo mail “aulaerrepisa@inventati.org”.