Dopo l’articolo uscito su “La Nazione” di oggi primo febbraio 2017, intitolato “In facoltà solo un bagno per gli studenti, tutti gli altri «riservati al personale»”, riteniamo necessario, essendo stati pretestuosamente chiamati in causa, dire la nostra.
Su “La Nazione” si afferma che, dopo delle proteste sullo stato dei bagni per gli studenti a Scienze Politiche, il quotidiano locale ha deciso di indagare sul campo, avventurandosi nel palazzo di Via Serafini. È positivo che questa testata si interessi dei problemi degli studenti, che quotidianamente subiscono gli effetti del processo di privatizzazione e aziendalizzazione dell’Università, così come è positivo che qualche singolo studente intraprenda delle iniziative di protesta.
Ci teniamo però innanzitutto a precisare che l’Aula R, aula occupata nel 1990 dal movimento studentesco della Pantera, non ha niente a che vedere con la gestione dei locali decisa dalla dirigenza del Dipartimento. Appare quindi fuorviante e pretestuoso l’accostamento tra i “disservizi…igenici” e un’aula autogestita, sempre aperta dove è possibile per studentesse e studenti confrontarsi, studiare, svagarsi e appunto organizzarsi collettivamente per lottare per l’accessibilità al diritto allo studio e per il libero utilizzo degli spazi universitari. Facciamo inoltre notare che non esiste alcun “comitato studentesco Aula R” ma un’assemblea, aperta a tutte e tutti coloro che si riconoscono nei suoi metodi, che si ritrova ogni lunedì alle 16 proprio in Aula R. Dal momento che l’occupazione dell’Aula R ha il carattere politico sopra descritto, paragonarla alla “occupazione” dei bagni da parte del “personale dell’università” non ha alcun senso, a maggior ragione se consideriamo che non sono purtroppo i lavoratori stessi a decidere dell’utilizzo dei locali del proprio luogo di lavoro.
Detto questo lo stato in cui versano i bagni di Via Serafini, così come le mense universitarie, gli alloggi, e gli altri servizi per le studentesse e gli studenti è ben visibile a tutti. Questo non perché vi sia un semplice disservizio, la responsabilità non è di chi lavora in portineria, degli studenti, del personale strutturato o esternalizzato del Dipartimento, né dei fantomatici soggetti esterni all’università. L’Università è (almeno per ora e per fortuna) aperta al pubblico, per questo non vi sono controlli all’ingresso come segnalato con sgomento da “La Nazione”. All’origine del problema della mancanza di pulizia e manutenzione nei bagni, così come dei problemi relativi ad altri più significativi servizi (borsa servizi del DSU ad esempio), ci sono i tagli ed il processo di privatizzazione dell’università. Non è dunque con la chiusura degli spazi o con le crociate individuali contro il degrado che possiamo migliorare le condizioni di studio e di lavoro all’interno dell’Università ma con il confronto, l’organizzazione e l’iniziativa collettiva.
Assemblea dell’Aula R